2020. Badolato
Coppia di illustrazioni per packaging disegnate a china con postproduzione in digitale.
Le grafiche sono dedicate a prodotti alimentari realizzati con il mustazzolo, dolciume tradizionale di Badolato, paesino jonico del primo entroterra calabrese.
Le illustrazioni per il packaging sono state realizzate da Viapiana per Dolcefraietta, piccola fabbrica dolciaria in Badolato che esporta un pezzo di Calabria in 12 paesi nel mondo.
Testo di commento all’opera dell’autore, pubblicato da Catanzaro Informa il 25/12/2021.
I mustazzoli sono dolci tradizionali a base di farina, vin cotto e miele, famosi in tutto il mondo per le loro fattezze zoomorfe e antropomorfe. Dalla forma alla ricetta, fino allo stesso appellativo, ogni zona conserva la sua versione. La peculiarità del mastazzolu badolatese sta nel fatto che, una volta cotto, va intinto ancora tiepido nel mosto d’uva per sette volte. La tesi più accreditata vuole che il nome derivi proprio dal latino mustum, ma secondo altri l’etimologia andrebbe cercata in Magna Grecia, nel verbo mastázō, masticare.
La citazione più antica risale al IV secolo a.C. Negli Idilli del poeta ellenico Teocrito la cantatrice che celebra Afrodite, nel citare i doni di cui la dea è degna, decanta quei “cibi che le donne fanno sulla spianata mescolando fiori d’ogni genere con bianca farina e dolce miele; tutto è qui, in forma di creature dell’aria e della terra”. Anche Catone, nel “De Agri Cultura” (150 a.C.), menziona una focaccia romana con le stesse caratteristiche dal nome mustaceum. Come spesso avviene, alla natura pagana di un fenomeno si sovrappone nei secoli una matrice cristiana. In Calabria la preparazione domestica del mustazzolo trova diffusione in buona parte grazie ai padri domenicani di Soriano Calabro, nel vibonese, che a partire dal 1500 promuovono l’uso di soggetti tratti dall’iconografia cristiana, basti pensare al classico mustazzolo a forma di pesce, non a caso lo stesso simbolo animale che ispira la forma della mitra papale. Ma al di là del tipo di confessione, nella enigmatica semplicità dei suoi simbolismi si coglie uno degli aspetti più interessanti di questo dolce millenario, quello votivo, dovendosi ravvisare nel suo consumo alimentare l’espressione dell’atto sacrificale, la comunione. Fin dalle origini, finanche la sua cottura era legata all’uso propiziatorio, con la finalità di ottenere un prodotto che avesse una consistenza dura ed un colore brunito che ricordassero le pinakes, le tavolette in terracotta che adornavano i santuari greci. A Locri se ne trovano di stupende.
Non a caso, il mostacciolo a forma di “S“ da me ripreso in queste chine altro non è che una stilizzazione dell’agatodemone, il serpente protettivo che ritroviamo nelle insegne dei presidi ospedalieri su quel bastone di Asclepio, Dio greco della salute, evocato dal rettile che cambiando pelle rinnova il mondo.
Grazie per l’attenzione.
Luca Viapiana